RICORDATI CHI SEI

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  1. •°o.O Cy_Pattinson O.o°•
     
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    Ooooooh!!! ho quasi rischiato di perdermi un post, ma ora ho recuperato... ^^
    uuuuuuuh, Edward è arrivato dritto al sodo.. e ora che succede???? di chi è quel sangue??? cosa nasconde Nessie????
    Aggiorna prestooooooooooooo!! >.<
    Un bacio
     
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  2. redmoon
     
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    Capitolo 4 – FRUSTRAZIONE

    Mi voltai appena verso il falò e colsi lo sguardo ansioso di Bella fisso su di noi…riuscivo a percepire il suo affanno e il battito disordinato del cuore di Jacob. Lei lo tratteneva, la mano candida posata sul suo braccio scuro e muscoloso. Aveva ancora ascendente su di lui, ma con quel contatto tradiva la sua stessa agitazione e il suo bisogno di conforto..

    Mi sentivo arrabbiato e confuso, spettatore impotente e obbligato di uno scontro che mi vedeva inerme e, svuotato di ogni volontà, continuavo a trattenerla, gli occhi fissi nei suoi, sperando che dietro quella cortina fumosa di durezza intravedesse quanto fossi angosciato e quanto avessi bisogno che mi parlasse e colmasse la distanza che ci divideva.

    Per un attimo ebbi la sensazione che stesse per cedere, i muscoli che facevano meno resistenza, quasi stesse combattendo tra il desiderio di sciogliersi tra le mie braccia forti e rassicuranti e l’euforia di quella violenta ribellione.

    Ma il suo sguardo s’indurì nuovamente e quel momentaneo bagliore di frustrazione e dubbio annegò nel lago profondo e scuro dei suoi occhi taglienti.

    “Non devo darti nessuna spiegazione…”, mormorò, e la sua voce suonò quasi stanca e annoiata, come una concessione fatta malvontieri, “…e tu hai già deciso…pensi di sapere tutto…e invece non sai niente…non avrei mai creduto che potessi dubitare di me…”, disse, con una vena di amarezza e gli occhi le si riempirono nuovamente di lacrime, le braccia abbandonate lungo i fianchi, appassita come un fiore strapazzato da un temporale.

    Allentai la stretta sulle sue braccia sottili. Avrei voluto carezzarle la testa bagnata, sorriderle e stringerla a me, sciogliere quel groviglio di tensione, ma non ne fui capace. Il timore di un nuovo rifiuto mi pietrificava e, schiavo della mia fragilità, non riuscivo a fare altro che contemplare la sua, senza riuscire ad avvicinarla.

    Pregarla non sarebbe servito a niente, minacciarla neanche. La guardai sconfitto e lessi nei suoi occhi la stessa sconfitta. Una voragine si era aperta fra me e lei e rimanevano in bilico sui due fronti opposti, tesi l’uno verso l’altra, incapaci di fare un passo, tragicamente ostinati e infelici. Sarebbe bastata una parola, un gesto …che avesse voglia di concedermi un po’ di quella fiducia che avevo fatto a pezzi e in cui non si era sforzata di credere, chiudendosi nel suo mutismo.

    Avevo creduto di essere il suo principe, ero solo suo padre… un padre incapace di essere padre.

    Mi chiesi se Carlisle avrebbe agito nel mio stesso modo, o se, invece, avrebbe aspettato paziente che mi aprissi a lui, come sempre avevo fatto, alla fine, trovandolo pronto ad ascoltarmi, senza mai giudicare.

    Forse non ero pronto per essere padre, forse l’amore immenso che provavo per lei non bastava a fare di me quel punto di riferimento, quel porto sicuro che avevo creduto di essere per lei. O forse il mio carattere ambiguo, così pieno di contraddizioni e ansie, così ombroso e schivo, che solo Bella, con la sua pazienza e la sua dolcezza era riuscito a comprendere, faceva di me un uomo incapace di morbidezza, di quella generosa disposizione verso il prossimo…e ne pagavo le conseguenze con chi amavo.

    E Nessie non era Bella, non aveva la sua dolcezza, né la sua pazienza, non mi aveva scelto e voluto come se la sua stessa vita dipendesse dal mio respiro… mi aveva trovato sul suo cammino e mi amava amato perché io l’amavo, perché era parte di me e di Bella e perché era il nostro miracolo, la certezza e la concretizzazione del nostro amore.

    E forse non aveva scelto neanche Jacob…forse anche lui faceva solo parte del pacchetto completo e Nessie l’aveva accettato passivamente, dandolo per scontato e solo perché sembrava che il destino glielo avesse assegnato.

    Mi chiesi come sarebbe stata la sua esistenza se il nostro egoismo non l’avesse condannata a questa vita segreta, se avesse potuto avere altri amici, frequentare la scuola di Forks, invece che quella della riserva …come sarebbe stata la sua vita, se fossimo stati in grado di darle una vita normale.

    “Nessie!!!...tesoro!”, gridò Charlie, scendendo verso di noi dal sentiero e fermandosi di botto, quando i nostri volti, all’unisono, si voltarono stravolti verso di lui.

    Il sorriso gli si spense sul viso e si fermò a un passo da noi, scrutando ora l’uno, ora l’altro, le sopracciglia scure che si univano al centro della fronte aggrottata.

    “Che c’è, ragazzi? Edward…hai fatto arrabbiare la mia Nessie….?”, chiese, guardandomi di traverso, le mani sui fianchi.

    Non ero dell’umore di alzare gli occhi al cielo, né di fare battute spiritose. Mi limitai a un saluto formale, laconico, e infilai le mani nelle tasche dei jeans, mollando la presa, malcelando il mio disappunto per quell’arrivo inatteso e per quell’insinuazione poco velata, che mi attribuiva, come al solito, la responsabilità di qualsiasi malumore.

    “Papà!”, ci raggiunse Bella sorridente, buttandosi tra le braccia di Charlie e lanciandomi un’occhiata cauta al di sopra delle sue spalle.

    “Bella…tutto a posto?”, chiese Charlie inquieto e guardingo. La sua domanda rimase sospesa tra noi e si dissolse in un silenzio imbarazzato.

    Anche Jacob approfittò del diversivo per riavvicinarsi. Sentivo il suo sguardo torvo e interrogativo su di me, ma lo ignorai, chiudendomi in un mutismo distaccato e ostile.

    “Jake…”, disse Charlie, “ ho portato anche tuo padre, ma mi serve una mano per far scendere quella benedetta sedia a rotelle per il sentiero…”, brontolò e le sue occhiate sospettose s’infrangevano sul muro di pietra del mio viso impenetrabile, “viene, Jake…accompagnami…”, bofonchiò.

    “Tesoro…tutto bene?”, disse Bella inquieta, la mano sospesa sul mio viso a desiderare un contatto con la mia pelle liscia e dura , ma timorosa che potessi scostarmi . L’espressione lugubre, restai immobile come uno stoccafisso, guardando a terra ,concentrandomi sulle mie scarpe, focalizzando la perfetta simmetria dell’allacciatura e allineai i piedi, come a distrarmi da quella situazione fastidiosa e imbarazzante, sfuggendo il suo sguardo.

    “Renesmee…”, sospirò, voltandosi sconfitta verso di lei, “…avete discusso?”

    “Non ha importanza, mamma…nessuna discussione…che discuti a fare con uno che sa già tutto?”, rispose amara, voltandosi e piantandoci lì, uno di fronte all’altro, silenziosi e distanti.

    “Non vuoi spiegarmi…?”, chiese con voce amara, cercando di nuovo il mio sguardo.

    “”Edward…non andare, aspetta un attimo…”, disse Charlie perentorio, trascinando la sedia a rotelle verso il falò, mentre Jacob lo seguiva, teso e imbronciato , portando tra le braccia Billy, “…devo parlarti un attimo…”

    Feci una smorfia di disappunto e sbuffai, sotto lo sguardo sconcertato di Bella, carico di domande che rimasero mute e senza risposta, impacciata davanti a me, mordendosi nervosamente il labbro, incapace di scuotermi.

    “Ohi…sono qui…”, azzardò infine, non riuscendo a tollerare oltre il mio mutismo, sfoderando il suo sorriso più dolce, ma lo sguardo vellutato e le lunghe ciglia scure non riuscirono a nascondere la sua pena.

    “Vieni …”, dissi, scuotendomi dallo sconforto che la escludeva, facendola intristire, consapevole che stringerla a me sarebbe stata l’unica cosa a farmi sentire meglio. Si lasciò avvolgere dalle mie braccia e la tenni stretta senza dire una parola, il petto che finalmente si allargava di nuovo a prendere respiro. Mi resi conto che inconsapevolmente lo avevo trattenuto finora, i muscoli talmente contratti che i polmoni erano rimasti chiusi e vuoti.

    Il viso contro il mio petto, a riassaporare quel contatto che le avevo negato, le baciavo i capelli e la cullavo per farmi perdonare la mia freddezza e se fossi riuscito a farla penetrare nella mia pelle, ad assorbirla in ogni fibra del mio essere, la mia angoscia sarebbe sparita.

    “Ti amo…”, mormorò tra le pieghe della mia camicia, il respiro che si faceva di nuovo tranquillo, le braccia che mi cingevano adoranti e avide, come se, in un attimo d’inspiegabile follia, avesse creduto di avermi perso.

    “Non basta…” sussurrai, scostandomi e sollevandole il viso a guardarmi, mentre il suo sguardo confuso e spaventato si specchiava nel mio sorriso. “…hai dimenticato “per sempre”….”, dissi, posando dolcemente le mie labbra sulle sue e strusciandole piano, inspirando il suo respiro dalla bocca socchiusa.

    “Edward, Bella…”, tossicchiò Charlie imbarazzato. Sette anni di matrimonio e ancora le nostre effusioni gli provocavano fitte di gelosia…

    Mi voltai, il sorriso finalmente sereno sul volto, continuando a tenerla abbracciata, orgoglioso e sfacciato, costringendolo ad abbassare lo sguardo.

    “Volevo dirvi…di non lasciare andare Nessie da sola nel bosco…è meglio che sia sempre accompagnata…l’ho detto anche a Jacob…abbiamo un caso per le mani, una persona scomparsa, un escursionista…e ci sono tracce di sangue sul crinale della montagna…non abbiamo elementi, solo un mazzo di chiavi trovato sul terreno, ma quelle tracce non mi fanno ben sperare. Se fosse rimasto semplicemente ferito, lo avremmo già trovato…”

    Bella sbarrò gli occhi, il respiro di nuovo corto, “Stai pensando a un animale?”, chiese allarmata, ma speranzosa.

    “Bella…non so che pensare…brancoliamo nel buio, non abbiamo elementi…stiamo continuando a perlustrare la zona…ma è meglio essere prudenti.”

    “Tu lo sapevi già, vero?”, disse, rivolgendomi un’occhiata amareggiata, una vena di rimprovero nella voce, “…era questo che mi nascondevi? Quando la smetterai di proteggermi in questo modo stupido e insensato?”

    “Non volevo che ti preoccupassi inutilmente…”, dissi con tono di scusa e anche con una certa insofferenza, carezzandole il viso, “…aspettavo di saperne di più…”

    Fui sollevato al pensiero che non avrei dovuto dare altre spiegazioni del mio stato d’animo.

    “E anche tu, Jacob, lo sapevi, giusto? “, sibilò, guardandolo furente, “Siete insopportabili! Siete così…così stupidamente protettivi!!!”

    “Mi raccomando Renesmee…”, la interruppe Charlie, “…che non vada in giro da sola…Jacob, mi raccomando anche a te…”

    “Non c’è bisogno neanche di dirlo…”, bofonchiò Jacob, gonfiando il petto in quel suo modo infantile di pompare i muscoli per sottolineare la sua forza fisica.

    “Portala da Alice, dopo…”, gli dissi paziente, “ e domattina riportala a casa, se puoi…se no vado a prenderla io…”

    “Non c’è problema, Edward…Bella, scusa se non ti ho detto niente…”

    La sospinsi delicatamente per il gomito, “Andiamo dai miei, voglio parlare con mio padre…”.

    Salutammo gli altri con un gesto della mano e c’ incamminammo silenziosi, mano nella mano, risalendo il sentiero e costeggiando la montagna fino a incrociare il fiume.

    “C’è da preoccuparsi Edward?”, ruppe il silenzio e la voce le tremava un po’, mentre col piede scansava inquieta i ciottoli lungo la riva, “pensi possa essere…?”

    “Non lo so, Bella…”, risposi, soppesando le parole, “Voglio parlare anche con Alice…potrebbe aver visto qualcosa…”

    “E’ per questo che discutevi con Renesmee?...la stavi mettendo in guardia?”

    Sospirai. “…Non è più facile come prima, Bella…ho smesso di essere il suo unico orizzonte…ed è giusto così…ma è cambiato tutto troppo in fretta e non riesco a trattarla come una donna …si sente, si sente oppressa dalle mie attenzioni, la vedo….si sente soffocare…”

    “Tesoro…tu sei fatto così…è la tua natura e lei lo sa. E’ normale che ogni tanto vi scontriate ed è normale che ogni tanto si ribelli…ma ti adora, lo sai!”

    Mi chiesi con un sorriso amaro, quali limiti si fosse imposta e se la sua ribellione avesse assunto i toni foschi e inquietanti del rifiuto di tutti i valori in cui credevo e in cui l’avevo cresciuta.
    Pensai a Jasper e alla sua difficoltà di controllare i propri istinti…ma scacciai subito quel pensiero, incapace di tollerare le immagini che immediatamente cominciarono a lampeggiare nella mia mente.

    “Bella!”, cinguettò Alice aprendo la porta con un sorriso smagliante, “Devo sperare che la mia idea ti abbia in qualche modo solleticata?”

    “Di che parli, Alice?”, indagai, cercando di frugare nei suoi pensieri.

    “Mmmm…non gliel’hai accennato?”. Chiese a Bella, stringendo le labbra con disappunto e ignorandomi completamente. Nella sua testa cominciarono a vorticare immagini slegate e senza senso…vasi colmi di fiori, paesaggi tropicali, fondali marini….mi guardò con un sorriso trionfante.

    “Non essere curioso, Edward…”, ridacchiò, “io e Bella stiamo progettando qualcosa di magnifico!”

    “Alice!”, esplose Bella, alzando gli occhi al cielo, “Io non sto progettando niente! Stai facendo tutto da sola!...e, semplicemente, non ho avuto tempo di parlarne…non c’è niente che debba nascondergli!

    “Ma si può sapere…”, sbuffai.

    “Niente, niente…”, sospirò Alice, facendosi da parte per farci entrare, “Bella e io dobbiamo mettere a punto i dettagli, ancora…”

    “Alice…la fai finita?”, disse Bella, estenuata, “Edward…non starla a sentire…mi manderebbe in galera con quella sua aria innocente…”

    “Non essere noiosa, Bella…”, rimbeccò Alice, “…è ora che tu sia un po’ più indipendente, che ti stacchi dai suoi pantaloni…abbiamo un futuro davanti!”

    “Sei impossibile!!! Non ti passa per la testa che io sia felice come una pasqua attaccata ai suoi pantaloni????”

    Non riuscivo a seguire il filo di quella conversazione senza senso e, la testa piena di altri pensieri, mi arresi a rimanere all’oscuro di quello che frullava nella testa di Alice. Ero sicuro che prima o poi me l’avrebbe detto e questo avrebbe comportato la restituzione del piacere che mi aveva fatto. Non avevo dubbi, su questo.

    Le braccia incrociate sul petto, Alice guardava Bella accigliata.

    “C’è Carlisle?”, chiesi, ansioso di parlare con lui.

    “Si, è nello studio…”, rispose Alice, “è successo qualcosa?”, disse, intuendo il mio stato d’animo inquieto.

    “Hai visto qualcosa di strano, Alice? Hai avuto qualche visione?”, le domandai il più casualmente possibile.

    “No, Edward…niente…”

    “Ok…vado da lui…”, tagliai corto.

    “Ma che gli prende?”, chiese Alice confusa, seguendomi con lo sguardo.
    “Si è scontrato con Renesmee…e ne sta facendo un dramma…lo sai com’è fatto, non riesce mai a dare il giusto peso alle cose…non riesce a essere “leggero”…”, rispose Bella sospirando.

    Le lanciai un’occhiata seccata, mentre entravo nello studio e per un attimo pensai di scaricarle addosso tutto il peso delle mie preoccupazioni…tanto per vedere quanto sarebbe stata “leggera” al posto mio….

    “Hai un momento?”, chiesi, affacciandomi alla porta.

    “Certo, Edward, vieni…”, rispose Carlisle con un sorriso così caldo e rassicurante, così sereno e fiducioso, che ebbi la certezza che non sarei mai stato come lui, neanche fra mille anni.

    Renesmee si sarebbe dovuta accontentare.

     
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  3. •°o.O Cy_Pattinson O.o°•
     
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    IO al posto di Renesmée mi accontenterei eccome|!! *.*
    Aaaah, mi sembrava strano che Nessie si sarebbe aperta.. anche xkè così sarebbe finita la storia, no?? V.V
    Aggiorna prestissimo che sono curiosa..
    un bacioneeeee
     
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  4. redmoon
     
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    CITAZIONE (•°o.O Cy_Pattinson O.o°• @ 23/10/2010, 22:07)
    IO al posto di Renesmée mi accontenterei eccome|!! *.*
    Aaaah, mi sembrava strano che Nessie si sarebbe aperta.. anche xkè così sarebbe finita la storia, no?? V.V
    Aggiorna prestissimo che sono curiosa..
    un bacioneeeee

    grazie, tesò...d'ora in avanti ci saranno anche capitoli visti dalla parte di Nessie...ovviamente...perché nasconderà molte cose ad Edward...ma noi, invece, le sapremo, anche se alcune rimarranno oscure anche a noi fino alla fine.... :ph34r: :ph34r: :ph34r:
     
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  5. •°o.O Cy_Pattinson O.o°•
     
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    Xkè hai ripostato il cap 4??? O.O
     
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  6. redmoon
     
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    CITAZIONE (•°o.O Cy_Pattinson O.o°• @ 27/10/2010, 19:05)
    Xkè hai ripostato il cap 4??? O.O

    forse perché stanotte ho dormito solo 4 ore!!!! :lol: :lol: :lol: ora posto il 5...che demente!!!!!!

    Capitolo 5 - LE PAROLE DETTE


    Non avevo trovato pace quella notte. Neanche con lei tra le braccia. Ero un fascio di nervi scoperti e i miei muscoli erano talmente contratti che rinunciai a respirare e mandai a farsi benedire la nostra notte solitaria.

    Non ero neanche riuscito a confidarmi con Carlisle… mi ero a limitato a raccontargli gli eventi nudi e crudi del ritrovamento…né più né meno di quello che sapeva Charlie. Mi aveva ascoltato attento e poi aveva scrutato silenzioso il mio volto, la piega amara della mia bocca e il mio sguardo sfuggente e aveva atteso pazientemente che continuassi a parlare.

    Invece avevo taciuto e mi ero congedato bruscamente…non so perché lo avessi fatto, ma non me ne ero neanche chiesto il perché…forse temevo che avrebbe dato concretezza ai miei timori, che avrei letto nei suoi occhi quella stessa ansia che mi divorava e alla fine mi ero arreso a quella parte di me che voleva con tutte le forze dare ancora fiducia a Renesmee…

    … e tu hai già deciso…pensi di sapere tutto… non avrei mai creduto che potessi dubitare di me…

    Nel silenzio assordante della notte, quasi infastidito dal doloroso mutismo di Bella che cantilenava petulante la mia assenza, le parole di Renesmee riemersero dal fondo sabbioso della mia mente e mi lasciai sedurre da quell’eco insistente che apriva uno spiraglio alla segreta speranza che ci fosse un’altra spiegazione…

    Smanioso e teso, un braccio dietro la testa e una mano che l’accarezzava distrattamente, rendevo vani tutti i suoi tentativi di attrarre la mia attenzione e, sconfitta, abbandonò il capo sul mio petto, accontentandosi di quel tocco disattento che la feriva più del mio silenzio.

    La trascinai a caccia che non era ancora l’alba. Correva al mio fianco , la mano inerte nella mia, per poi slanciarsi lontano a sbollire la sua rabbia, tornando poi sui suoi passi, ancora più irritata dalla mia indifferenza, le labbra serrate e lo sguardo dolorosamente furente.

    L’aria pungente e fresca della notte inturgidiva i fiori grassi e carnosi della foresta, prima che il calore del sole liberasse i loro profumi intensi e, le narici dilatate allo spasimo, approfittavo di quella temporanea assenza di aromi, per ritrovare traccia di quell’odore persistente e dolciastro che ormai avvolgeva ogni mio pensiero.

    “Sprizzi buonumore da tutti i pori…”, sottolineò infine acida, tornando a casa, non riuscendo più a trattenere il suo malumore, “forse sarebbe meglio che ti chiarissi con lei, quando torna…”, mugugnò.

    Il mio ostinato silenzio la irritò ancora di più. Non ero bravo in queste cose…troppi anni di solitudine mi avevano insegnato a fare i conti solo con me stesso e, per quanto mi addolorasse farla soffrire, non riuscivo a uscire da quella spirale egoista in cui i miei pensieri vorticavano e mi avvolgevano.

    “Mi stai nascondendo altro? “, chiese insistente, affrontandomi appena entrammo in casa, le mani che scostavano i capelli neri dal viso e li tiravano nervosamente dietro le orecchie, tormentandosi le labbra, “… perché se no, fattelo dire, il tuo atteggiamento è veramente infantile!...o hai deciso semplicemente di rovinarmi la giornata per un tuo personale capriccio?????”, sibilò, trattenendo a stento la sua furia, gli occhi che lanciavano lampi .

    “Bella…”, abbozzai con un sospiro, desiderando essere da tutt’altra parte, solo, con i miei pensieri.

    “No…”, m’interruppe, approfittando di quell’unica parola che a fatica mi era uscita di bocca per ribattere, “…se hai qualcosa da dire, dimmela la subito…prima che la venga a sapere, come al solito, da qualcuno altro…è una cosa che mi manda in bestia e lo sai….”

    “Senti…”, sbuffai, sentendo che stavo per perdere il controllo.

    “No, perché mi stai escludendo totalmente!!...come se non esistessi…”

    “Santo cielo, Bella!!!”, esplosi, afferrandola per le braccia, “sei capace di stare zitta due minuti?”

    Mi guardò esterrefatta, la bocca aperta dallo stupore, le parole che le si troncarono in gola.

    Avrei dovuto fermarmi… prendere un respiro profondo e calmarmi, ma ormai la diga si era rotta e le parole mi uscirono come un fiume in piena.

    “Ti ho promesso che ti avrei amato per l’eternità, non che sarei stato sempre di ottimo umore!!! Puoi esserci un giorno…e dico un giorno soltanto, che non abbia la fantasia di essere tutto miele e sorrisi? O devo recitare una parte per farti contenta? E io sarei quello infantile? Sei capace, una buona volta, di pensare anche a qualcun altro oltre che a te stessa???”

    Neanche avevo cominciato a tuonare, che già mi ero pentito e mi ascoltavo vomitare quelle cattiverie inaudite, incapace di trattenere le parole crudeli che rotolavano roventi dalla bocca e i miei occhi, smarriti e increduli, tradivano già la mia vergogna.

    Allentai la morsa delle mie mani , spaventato da me stesso, cercando di attirarla a me, ma mi fissava rigida e attonita, pietrificata dalla rabbia e dall’umiliazione, le labbra che tremavano e gli occhi spalancati . Aprì la bocca e la richiuse, trattenendo il respiro, mentre un ruggito sordo e inquietante le vibrava nel petto ansante.

    Al mio tentativo indietreggiò, continuando a fissarmi incredula e furiosa, poi si voltò di scatto e s’infilò in camera, sbattendo la porta con una tale violenza che mi meravigliai non si fosse staccata dai cardini.

    Non l’avevo mai trattata così. Mi presi la testa tra le mani, non riuscendo a credere a quello che le avevo detto, cercando di comprimere i pensieri e le immagini che turbinavano nella mia mente. Rabbia, dolore, vergogna…dannazione!!! Avevo un carattere impossibile, ero veramente un mostro!

    Mi appoggiai alla porta, la fronte schiacciata contro il battente, gli occhi chiusi. Mi odiavo con tutto me stesso e cercavo le parole per farla calmare, per riuscire a farmi perdonare.

    “Bella…scusami…”, mormorai, il palmo della mano contro il legno rugoso. Sollevai la testa e mi concentrai su una venatura più scura, seguendola con la punta del dito. Ero disperato, ma una parte di me continuava a rimanere distante, quasi indifferente e, lo ammetto, anche un po’ insofferente.

    “Bella…vuoi aprirmi, per favore?”, insistetti, una tono più alto nella voce. Riuscivo a sentire il suo respiro rabbioso attraverso la porta e quel ruggito sommesso che vibrava potente, serrandole la gola.

    Silenzio.

    “Bella!!!! dannazione…rispondi!”, gridai, battendo forte col palmo della mano contro la porta.

    Ancora silenzio.

    Afferrai la sedia lì vicino e la lanciai esasperato verso l’ingresso.

    “Ma che…!”, gridò Jacob, schivando a malapena la sedia che volò al di sopra della sua testa e andò a schiantarsi sui gradini, esplodendo in mille schegge che si sparpagliarono sul sentiero.

    Mi guardò allibito, rialzandosi dritto in piedi, spaventato dal mio sguardo furente e dai lineamenti del mio viso contratti in una smorfia.

    “Che cavolo succede, Edward???”, bofonchiò, lanciando un’occhiata perplessa ai resti della sedia e cercando di capire la causa scatenante della mia furia devastatrice., “..e dov’è Renesmee?”

    Le sue parole mi colpirono come un diretto in pieno viso e lo guardai come se stesse delirando, come se stesse blaterando parole senza senso, in una lingua sconosciuta e incomprensibile..

    “Come sarebbe a dire dov’è Renesmee???”, tuonai e la mia voce uscì fuori talmente distorta, talmente rotta, che Jacob indietreggiò, spaventato, “Ma che diamine ti prende, Edward?....Ma Renesmee non è qui???”, balbettò, confuso, scuotendo la testa quasi incredulo.

    “Ma non sei andato a prenderla da Alice?”, quasi gridai e sentii lo stomaco, già contratto in un spasmo, torcersi ancora di più in una morsa dolorosa.

    “Certo che ci sono andato!”, esclamò quasi sdegnato, come offeso dai miei dubbi, “ma Alice mi ha detto che era già uscita, che era venuta a casa…era stupita anche lei, pensava fosse venuta via con me….ho pensato che fossi andato tu…”

    Ci fissammo per un lungo istante, incapaci di muoverci, di pensare…avrei voluto spaccargli la faccia, prenderlo a pugni per essere stato così imprudente, così superficiale, ma la preoccupazione che leggevo nei suoi occhi era la stessa mia e mi trattenni, serrando i pugni.

    “Edward…non è così grave…”, disse più a se stesso che a me, quasi a convincersi che non c’era niente per cui stare in pena, “Renesmee non corre grandi pericoli…è in grado di difendersi! Lascia perdere Charlie…lui non sa quanto sia forte…è chiaro che si preoccupi!”

    Sentii aprirsi la porta dietro di me e la voce metallica di Bella mi ferì le orecchie come una lama.

    “Ciao, Jacob…che succede? Renesmee… non è con te?”, disse volutamente calma, ignorandomi totalmente, ma il suo tono forzatamente freddo e distaccato si frantumò sul finale, cedendo all’ansia e la sua voce s’incrinò. Allarmata, cercò comunque il mio sguardo.

    “Chiamo Alice…”, dissi con voce dura, digitando il numero a velocità supersonica.

    “Alice…quando è uscita Renesmee?...perché l’hai fatta andare via sola???...che…che ti ha detto???...sei sicura?..santo cielo, lo so che non puoi vederla!!!! No…non c’è bisogno che vieni, usciamo noi! Lo so, lo so, non mi preoccupo, infatti…ora devo andare…ok, si, dopo ti chiamo..ok!”

    Attaccai con un gesto secco, alzando gli occhi su Jake e Bella che mi fissavano col fiato sospeso.

    “Che…che le ha detto Renesmee?”, chiese Jacob.

    “Ha detto che l’aspettavi al fiume…”, dissi a denti stretti.

    “Ma che…?...io non…”, farfugliò Jacob a occhi sgranati, guardando me e poi Bella, confuso, cercando di capire cosa stesse succedendo.

    “Lo so, Jake…”, dissi, cercando la mano di Bella che, esitante per un attimo, la fece scivolare docile nella mia, stingendola forte.

    “Scusami…”, le sussurrai all’orecchio.

    “Vado a cercarla!”, esplose Jacob, ma rimanendo ancora lì impalato, come se non sapesse in quale direzione andare, il corpo scosso da un fremito di rabbia e di preoccupazione.

    “Veniamo con te…”, dissi, “ sono ore che è fuori da sola…”, aggiunsi furente, ripensando alle raccomandazioni del giorno prima.

    “Non capisco…proprio non capisco…forse pensava di venirmi incontro, o forse è andata a caccia...non so che pensare…”, disse Jacob, borbottando inconcludente.

    “Jacob…non è questo il punto….”, dissi, scandendo bene le parole, per fargliele entrare in quella capoccia dura. Bella istintivamente strinse più forte la mia mano, come a pregarmi di tacere.

    “Edward…”, tentò.

    “Lei…ha mentito”, dissi lapidario.

    Jacob alzò su di me uno sguardo confuso, come se non avesse neanche preso in considerazione quel dettaglio e rimase stordito dalle mie parole, cercando di metterle a fuoco e di coglierne il significato nei miei occhi.

    E poi la vidi.

    Attraverso la porta ancora aperta, oltre i resti di quella sedia distrutta dalla mia rabbia, avanzava tranquilla, un sorriso sereno sul volto luminoso, i capelli che ondeggiavano morbidi e fluenti sulle spalle, qualche ciocca che ricadeva scomposta a coprirle il viso.

    Si muoveva leggera ed elegante, quasi danzando nella luce del sole che giocava tra i suoi capelli, accendendoli di bagliori ramati. Lo sguardo che seguiva la linea sinuosa del sentiero, sembrava non avere un pensiero al mondo, la mano che ricacciava indietro le ciocche ribelli, e sussultò alla vista delle nostre facce, che sembravano maschere da tragedia greca.

    Si arrestò per un attimo sorpresa, le labbra socchiuse, la mano ancora alzata vicino al viso e dette appena un’occhiata sconcertata allo scheletro della sedia che le sbarrava il cammino.

    Non so dire se fosse l’aria spessa e afosa di quella giornata torrida ad attutire qualsiasi suono, ma il silenzio che scese tra noi e lei pareva una coltre nebbiosa e pensai che se avessi avuto la forza di alzare la mano a toccarlo, ne avrei sentito la trama ruvida.

    Immobile a qualche decina di metri da noi, la vidi ergersi dritta e aprire le spalle, allargare il petto in un respiro profondo e spingere il mento in avanti, in gesto di sfida.

    I suoi occhi era fissi nei miei, furenti, ignorando Jacob, ignorando Bella.

    Camminava decisa, ora, e puntava dritta su di me, senza un’ombra di timore negli occhi.

    Jacob azzardò un passo verso di lei, ma lo bloccai deciso con il braccio. Lei non lo degnò di uno sguardo e continuò a camminare lenta, ma decisa .

    Si fermò davanti a me. Sentivo ancora i muscoli di Jake fremere contro il mio braccio, ma rimase muto e immaginai le sue parole spingere violentemente contro le labbra serrate, mentre il suo sguardo da animale ferito cercava invano d’incrociare quello freddo e insolente di Renesmee.

    Non avevo idea di quello che Renesmee gli avrebbe detto, quando lo avessi lasciato libero di affrontarla, ma sapevo con certezza che quello sguardo duro e sprezzante era destinato a me, in quel momento, e tutto sembrò sfumare intorno a noi due, come fossimo soli, come fosse una questione da risolvere soltanto fra me e lei.

    Ruppe il silenzio con una risata argentina che mi gelò il sangue che non avevo. Qualcosa comunque mi gelò, perché rimasi come paralizzato, senza riuscire a muovere un muscolo. Allargò le braccia e fece una giro intorno a se stessa, come danzando.

    “Mi hai controllato bene?”, chiese con voce frivola e un po’ stridula e i suoi occhi si strinsero in una fessura, inchiodati ai miei, “Immacolata!”, esclamò, ma la sue labbra non sorridevano più, serrate in una linea sottile come una ferita, alzando i palmi verso il cielo per farsi guardare. Poi scoppiò in una risata che suonò come un ghigno sinistro, un po’ grottesca, che si spense gradualmente in un gorgoglìo quasi sofferente.

    Jacob e Bella la fissavano muti e sbalorditi, incapaci di proferire parola.

    “Come mi trovi, mamma???...Jake??”, motteggiò, girando di nuovo su stessa e ignorando le loro espressioni allibite.

    Mi sforzai di mantenere il controllo, mentre un’ondata di nausea calda mi bruciava le viscere e saliva verso la mia gola, soffocandomi.

    “Nessie…”, balbettò Jacob, “che cosa…che cosa stai dicendo?”

    “Jake…mamma…”, disse, fingendo un improvviso stupore, gli occhi sgranati all’inverosimile, lo sguardo che saltava dall’uno all’altro, “come…papà non vi ha detto niente?”.

    Fece una pausa ad effetto e, in quel momento, tutto si oscurò intorno a me, come se la notte fosse scese improvvisa e avesse risucchiato il sole, come se tutte le parole che erano rimaste sospese nell’aria cominciassero a vorticare furiosamente, avvolgendomi in un turbine che m’impediva di muovermi e di parlare.

    Mentre gli occhi di Bella e Jacob mi fissavano inquieti e inquisitori, Renesmee si piantò davanti a me, lo sguardo fisso nel mio.

    “Io sono un’assassina”.

     
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  7. •°o.O Cy_Pattinson O.o°•
     
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    ahahaha!!!! tranquilla, ti capisco... XDXD
    cmq... ODDIO!!! O.O
    Aggiorna prestissimo.. voglio vedere le reazioni di Bella e Jake!!
    Un bacion
     
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  8. redmoon
     
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    Capitolo 6 - INATTESO

    Mi svegliai in quel letto troppo grande, nella stanza che una volta era stata di mio padre e dove c’era ancora tanto di lui.

    Era l’alba e il cuscino era umido di tutte le mie lacrime. Le chiome degli alberi si stagliavano in un indistinta macchia sfrangiata contro il cielo grigioazzurro appena venato di rosa e il bosco appariva nero, attraverso la grande vetrata.

    La casa era silenziosa, come se tutti dormissero ancora, ma in quella grande casa ero l’unica a dormire…gli altri si muovevano leggeri e silenziosi, come fantasmi nella notte, per non disturbare il mio sonno inquieto.

    Strinsi forte il cuscino e chiusi gli occhi…li strinsi forte per trattenere nuove lacrime che premevano inarrestabili per uscire. Erano lacrime di rabbia, di paura e di tristezza infinita. Se fosse stato lì con me, mi sarei accoccolata fra le sue braccia, avrei rigirato di nascosto i suoi capelli fra le dita, gli occhi chiusi, e lui avrebbe posato il suo solito bacio profumato sulla testa, stringendomi a sé con un sorriso luminoso. Mi sarei sentita sicura.

    Sarebbe stato così facile fugare ogni suo dubbio. Se soltanto avessi posato la mia mano sul suo viso pallido e spaventato, avrebbe letto la mia verità. Ma avevo scelto di nascondergli tutto, perché una parte di quello che avrebbe letto spaventava anche me e lo avrebbe fatto soffrire .

    Forse non avrei mai più potuto essere la sua principessa e questo pensiero fece scivolare nuove lacrime sul mio viso, sgualcito da una notte di pianto.

    Se solo avesse saputo quanto mi fosse costato chiudere la mia mente ai suoi pensieri e negarmi il suo abbraccio rassicurante, il suo viso non avrebbe preso quella piega amara , i suoi occhi ambrati non mi avrebbero guardato severi e la sua voce non avrebbe perso la sua abituale morbidezza.

    Aveva aspettato che parlassi… lo aveva sperato e i suoi occhi mi avevano quasi supplicato, dietro quella maschera sempre più rigida, e si erano fatti più inflessibili e penetranti, sempre più scuri e taglienti, ogni attimo che il mio silenzio si faceva più pesante e la mia menzogna più grande.

    Seppur immobile davanti a lui, gli occhi che fuggivano i suoi, ogni parola detta mi allontanava sempre di più, scavando inesorabile un abisso d’incomprensione e una rabbia sorda era cresciuta dentro di me, alimentata dalla sua delusione e dalla mia incapacità di chiedergli aiuto.

    Il suo sguardo da animale ferito era un coltello che rigirava impietoso la lama nel mio cuore e nella mia coscienza e mi sentivo indegna del suo amore e della sua comprensione, così imperfetta e inadeguata, che la mia rabbia si era trasformata in un furore cieco che colpiva e colpiva ancora, con le parole, con i gesti, col rifiuto, per ferirlo ancora di più, per punirlo di non amarmi abbastanza da fidarsi di me ad occhi chiusi.

    Aveva cercato le prove e le prove erano tutte contro di me e non mi ero difesa, ma solo offesa.

    E ora pagavo il conto. Lontana da lui, tutta la mia arroganza non trovava più appiglio, tutta la mia rabbia si era dissolta e rimaneva solo il dolore di quella perdita.

    E mentre le immagini del suo viso sofferente continuavano ad accecarmi, per quanto le ricacciassi indietro e tentassi di convincermi del suo tradimento, per assolvermi da ogni colpa che mi pesava sul petto come un macigno, decisi che nessuno avrebbe potuto aiutarmi, nemmeno lui…e che avrei dovuto mettermi alla prova, affrontare prima di tutto la mia paura, per poter tornare a riabbracciarlo, se ancora mi avesse voluto.

    Mi rivestii e quella decisione mi rese più calma e lucida. Cercai di cancellare dal viso i segni di quella notte insonne e scesi silenziosamente per le scale, sperando di non incontrare nessuno.

    “Ti sei svegliata presto…”

    La voce squillante di Alice mi fece sobbalzare e strinsi forte la ringhiera della scala, trattenendo il respiro. Ero talmente nervosa, che avrebbe percepito sicuramente l’odore acre della mia agitazione. Abbozzai un sorriso incerto e, con voce malferma , “Si, Alice…non ho riposato bene”.

    Inclinò la testa da un lato, ferma in fondo alle scale, “Stai aspettando Jacob?”

    “Gli vado incontro, c’incontreremo al fiume…ho voglia di camminare un po’…mi farà bene”, dissi, sfuggendo il suo sguardo.

    “Tutto bene, tesoro? Ti vedo un po’…inquieta…”, disse, e la sua mano mi sfiorò delicatamente il viso.

    “Alice…posso farti una domanda personale?”, risposi, una sfumatura d’incertezza nella voce.

    Non aspettai neanche la sua risposta, la domanda mi bruciava sulla lingua e uscì fuori prima ancora di rendermi conto di quanto potesse suonare curiosa e, per certi versi, allarmante. Cercai di dare alla mia voce un tono casuale.

    “Hai mai avuto dubbi sulla tua scelta…intendo dire, sulla scelta di diventare vegetariana? Non hai mai pensato che non avesse molto senso contrastare il tuo istinto naturale?”

    “Non è stato facile, Nessie…nessuna scelta così radicale lo è, ma ora più che mai sono convinta che sia stata la scelta giusta e anche Jasper, che è quello fra noi che ha più difficoltà, ne è convinto… quello che successe con tua madre tanti anni fa, l’ha quasi distrutto e, per quanto la sua continui ad essere una battaglia quotidiana, lo vedo sempre più sereno…”

    “Era una cosa che mi chiedevo da un po’…”, glissai, prima che potesse farmi domande alle quali sarebbe stato difficile rispondere.

    “Vuoi che venga con te fino al fiume?”, chiese dolcemente.

    “No…”, ribattei prontamente, “…non c’è bisogno…è talmente vicino… e Jacob, sicuramente sarà già lì ad aspettarmi…”.

    Mi strinsi forte a lei e infilai la porta velocemente, prima che potesse decidere di venire comunque.

    “Salutami gli altri…”, dissi, regalandole uno dei miei sorrisi più rassicuranti.

    Sentivo il suo sguardo che mi seguiva lungo il sentiero e mi sforzai di mantenere un passo tranquillo, come di chi passeggia senza un pensiero per la testa, beandosi del paesaggio.

    La foresta si stava svegliando e gli animali si davano il cambio. M’inoltrai nel fitto del bosco, scansando le fronde più basse che mi bagnavano il viso con le loro foglie ancora umide della notte. Il terreno era morbido e odoroso e le foglie che si disfacevano a terra creavano un soffice tappeto odoroso sotto i miei piedi veloci. Inspirai profondamente, scivolando tra i cespugli, nel silenzio rotto dai fruscii delle piccole prede che si scansavano invisibili al mio passaggio. Se avessero conosciuto i miei pensieri, quella mattina, i loro piccoli cuori ansiosi non avrebbero pulsato così selvaggiamente.

    Quello che avevo in mente mi distoglieva dalla sete. Avevo altro per a testa . Avanzavo sempre più cauta e guardinga, attenta a non fare rumore, ma avevo la sensazione che il battito selvaggio del mio cuore, che pulsava dolorosamente nelle mie orecchie, suonasse come un tamburo e riecheggiasse tra gli alberi come un tam tam, rivelando la mia presenza.

    Cercavo una traccia, una scia…dovevo mettermi alla prova…quello che avevo provato ieri mattina mi aveva stordita e sorpresa al punto che aveva fatto vacillare tutte le mie certezze, chiedendomi se non le avessi soltanto ereditate…

    E se quello che temevo si fosse rivelato vero…che ne avrei fatto di Jacob?...o forse avrei dovuto chiedermi…che avrebbe fatto Jacob di me? E mio padre, lui…avrebbe continuato ad amarmi?...perché io l’amavo adesso più che mai e l’idea di perderlo mi faceva talmente male che se la mia natura ambigua avesse cercato di allontanarmi da lui, l’avrei combattuta con tutte le mie forze.

    Avanzavo verso il fiume, dove sapevo che gli umani si appostavano per sorprendere le loro prede, né più né meno di come facevamo noi. Scivolavo sui rami alti, ora, nascosta dal fogliame, gli occhi attenti che scrutavano tra le foglie scure, le narici dilatate e il cuore che pulsava nell’attesa.

    Poi percepii un odore più forte, un aroma intenso e corposo, dolce e zuccherino, talmente persistente da poterlo quasi palpare. Non era quello che cercavo, ma mi attirava e m’incuriosiva e non seppi resistere a seguirne la scia.

    Mi lasciai scivolare a terra, facendomi largo tra i cespugli di felci lungo la riva, quasi in punta di piedi e avrei potuto chiudere gli occhi per quanto l’aroma intenso mi guidava preciso verso la sua fonte.

    Mi arrestai di colpo quando lo vidi. Ebbi la sensazione netta che avesse percepito la mia presenza, da una contrazione quasi impercettibile dei suoi muscoli sotto la maglietta attillata, ma non si voltò . Con fare annoiato, le mani nella tasca dei jeans neri, calciava piccoli ciottoli nell’acqua, la testa chinata a guardare i cerchi che l’acqua disegnava ad ogni lancio.

    Non sentivo alcun cuore battere oltre il mio e il mio stava curiosamente accelerando.

    I primi raggi di un pallido sole colpivano i suoi capelli castani, nascondendosi tra i morbidi ricci e liberando caldi riflessi ramati. La sua pelle era candida come la neve e riluceva appena alla luce ancora fredda della mattina.

    Ero immobile, ma quel profumo sembrava tendermi la mano e attirarmi inesorabilmente verso di lui. Mi aggrappai per un attimo a un ramo, un po’ stordita, e allungai il collo per guardarlo non vista. La brezza leggera scuoteva i suoi capelli e di tanto in tanto tirava indietro la testa per ricacciare indietro ciocche ribelli dal viso.

    Poi un uccello planò sull’acqua, afferrò la sua preda e si rialzò in volo gridando, sbattendo potente le ali e il suo grido stridulo colpì la roccia e riecheggiò frantumandosi in mille piccole grida sempre più deboli.

    Alzò le testa di scatto a seguirne il volo e il suo profilo delicato si stagliò contro il cielo ancora venato di un grigio pallido come il ghiaccio.

    Sussultai appena e la mano corse a coprire la bocca, mentre i miei occhi seguivano inquieti e curiosi la linea netta dei suoi lineamenti.

    Con un gesto lento, o almeno a me parve lentissimo, tanto che trattenni il respiro per un attimo che mi sembrò eterno, voltò il capo verso di me e mi guardò a lungo, in silenzio e il suo viso non tradì alcuna sorpresa, solo un leggero fastidio e tornò al suo gioco, come se non mi avesse visto.

    Avanzai tra i cespugli, incerta. Non tradiva alcun interesse. Forse gli estranei non lo incuriosivano come incuriosivano me.

    Il profumo era più intenso ora e quando si era voltato verso di me, la brezza mi aveva portato un’ alito ancora più penetrante. Uscii allo scoperto e mi avvicinai cauta alle sue spalle. Avevo la sensazione che mi sentisse arrivare, che percepisse la mia presenza nonostante non facessi alcun rumore e vidi le sue mani infilarsi ancora più profondamente nelle tasche, stringendosi appena nelle spalle.

    “Ciao…”, dissi timidamente, rimanendo ancora a distanza e cercando di scoprire altri tratti del suo viso, coperto in parte dai capelli scomposti.

    “Chi sei?”, chiese, continuando a guardare l’acqua, la voce vellutata, ma scostante, dura.
    Ero frastornata dall’intensità di quell’odore caldo e fragrante, che contrastava così tanto con l’immagine algida che avevo davanti agli occhi.

    Alto e asciutto, l’atteggiamento schivo, sembrava non fosse incuriosito neanche dal mio viso.

    Ebbi un moto di stizza, serrai i pugni contro i fianchi e mi trattenni dall’essere sgarbata. La curiosità era comunque più forte del mio orgoglio ferito.

    “Io vivo qui…”, accennai appena, aspettando che parlasse di nuovo. “…sono Renesmee…”, continuai, per riempire quel silenzio imbarazzante, che sembrava imbarazzare solo me.

    “Strano nome…”, accennò, ma sembrò che lo dicesse più per educazione, che per reale interesse.

    “Si…il mio nome è un misto tra…”, ma tacqui, irritata dalla mia solerzia nel rispondere e dal desiderio irrefrenabile che si voltasse a mostrarmi il viso, di cui scorgevo appena il profilo delle labbra carnose e il naso delicato.

    Sfilò una mano dalla tasca. Una mano magra, dalle dita lunghe e sottili, eleganti. Scansò una ciocca di capelli e la costrinse dietro l’orecchio, ruotando lentamente il viso verso di me.

    Era di una bellezza sconvolgente, eterea e quasi femminea e i suoi occhi purpurei fissarono i miei con un’intensità tale che indietreggiai sorpresa e spaventata.

    “I tuoi occhi…”, mormorò, accennando appena un sorriso, “sono scuri…e il sangue scorre nelle tue vene…chi sei?”

    “Hai uno strano profumo…”, dissi, incoraggiata dalle sue parole, ma riluttante a parlare di me.

    “Sei molto bella…”, disse, e mi sentii ancora più intimorita e succube del suo sguardo così intenso, “… e le tue guance sono lisce come seta e rosate come l’alba… il tuo respiro è tiepido come la sera d’estate…”

    Ero sbalordita e affascinata al tempo stesso. Il suo aspetto era quello di un ragazzo, ma le sue parole sembravano arrivare da un tempo lontano… poesia che nessuno aveva mai recitato per me, così semplicemente, come fosse la cosa più naturale del mondo, senza avermi mai vista prima…eppure sembrava che non gli interessassi affatto, quasi la sua fosse solo cortesia, o semplice constatazione.

    “Come ti chiami?”, chiesi con un filo di voce, tremando visibilmente sotto il suo sguardo che sembrava toccarmi, tanto era intenso e scivolava, pur senza ombra di desiderio, lungo il mio collo, seguendo le linee del mio corpo e risalendo, fino a specchiarsi nel rame dorato dei miei capelli che rilucevano luminosi al sole , piano piano più insistente dietro gli alberi alti..

    “Hayden…”, disse e il suo respiro gelido mi sfiorò il viso, facendomi avvampare e accelerando i battiti del mio cuore.

    “Tu non plachi la tua sete con gli umani…”, disse, fissando il fondo bruno dei miei occhi, inclinando lievemente la testa da un lato.

    Chinai il viso, sfuggendo quello sguardo inquisitore, ma quando la punta gelida del suo dito mi sollevò il mento, costringendomi a guardarlo nuovamente, non feci alcuna resistenza e mi persi in quegli occhi magnetici , che mi attiravano come una calamita e che sembravano leggermi dentro l’anima.

    “Tu li desideri…non è così?”

    Il suo tono era morbido e suadente e le sue labbra si muovevano appena, mentre parlava.

    “io…io non sono come te …”, balbettai, indietreggiando.

    “…e come sei?”, chiese , avanzando impercettibilmente. Avevo la sensazione che quelle domande fossero un gioco e che sapesse esattamente quello che provavo.

    “Io…mi nutro di animali…”, dissi in un sussurro, distogliendo lo sguardo dal suo.

    “Capisco…devo essermi confuso, perdonami….”,sorrise, ma sembrò infastidito, quasi dispiaciuto e il suo sguardo si fece cupo, quasi sofferente.

    “Tu…”, mi sentii dire, senza riuscire a trattenere le parole, come se la paura che potesse andare via fosse più forte della mia vergogna, “…tu eri lì?”

    Sorrise di nuovo e i suoi occhi fissarono di nuovo i miei, più luminosi, quasi accesi di una luce che prima non avevo notato, “…Io sono qui da un po’…”, rispose enigmatico.

    “Tu…tu non puoi rimanere qui!”, esclamai improvvisamente, “…devi andare via!”

    Sollevò le sopracciglia e mi guardò sorpreso e anche un po’ divertito.

    “Le mie labbra sono serrate…se è questo che ti preoccupa…”

    Rimasi per un attimo frastornata, senza capire le sue parole, mentre il sorriso tranquillo continuava ad aleggiare sul volto bellissimo che mi lasciava senza fiato e mi rendeva complicato trovare le parole.

    “Non è per me che mi preoccupo!...tu…sei in pericolo qui!”, e mentre lo dicevo, sentivo che avrei voluto trattenerlo, che l’idea di non rivederlo più mi era intollerabile.

    “Tu…tu sei in pensiero per me?”, chiese con tono improvvisamente più dolce, passandomi le dita tra i capelli,come a catturarne i riflessi . A quel tocco inatteso mi sentii tremare dalla testa ai piedi e chiusi gli occhi.

    Quando aprii gli occhi di nuovo, era già lontano. Pensai quasi di aver sognato. Ma si voltò di nuovo a guardarmi, sorridendo e seppi con certezza che non sarebbe andato via.

    Avevo dimenticato tutto…le mie ansie, la mia angoscia. Mi sentivo leggera e incredibilmente allegra, non un pensiero turbava la mia mente, come camminassi in un sogno, come fosse ubriaca e avessi perso la percezione della realtà.

    Mentre fluttuavo leggera verso casa, sfiorando con tocco leggero i fiori, le piante, la testa piena di immagini deliziose e seducenti, alzai lo sguardo e rimasi impietrita.

    Le mie immagini si frantumarono come cristalli quando incrociai lo sguardo furente di mio padre.
     
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  9. •°o.O Cy_Pattinson O.o°•
     
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    E mo chi è questo???? O.O
    mooooooooooooooolto confusa... che ha combinato Nessi??? e chi è il nuovo arrivato???
    aggiorna presto ke sono curiosa!!
    Un bacio
     
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  10. redmoon
     
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    CITAZIONE (•°o.O Cy_Pattinson O.o°• @ 1/11/2010, 22:19) 
    E mo chi è questo???? O.O
    mooooooooooooooolto confusa... che ha combinato Nessi??? e chi è il nuovo arrivato???
    aggiorna presto ke sono curiosa!!
    Un bacio

    ti faccio una previsione...t'innamorerai di lui.... :ph34r: :ph34r: :lol:


    Capitolo 7 - DOMANDE SENZA RISPOSTA



    Dopo un tempo che mi sembrò interminabile, ma che rubò appena lo spazio di un respiro - quello che dovetti prendere a fatica per rompere un silenzio sempre più pesante – sibilai,

    “Perché mi stai facendo questo?”

    Forse si specchiò nei miei occhi e si spaventò di ciò che vide, o forse erano state le sue stesse parole a spaventarla, non lo so… fatto sta che tutta la sua arrogante impalcatura crollò e mi apparve così piccola, fragile e così confusa, spaurita, che temetti di vederla sbriciolarsi davanti ai miei occhi.

    L’afferrai per le braccia, come a sostenerla, ma Jacob scattò, temendo che potessi colpirla.

    Un ruggito sordo mi crebbe nel petto, non appena sentii la sua mano serrarmi il braccio e tutta la mia frustrazione, tutto ciò che trattenevo da giorni nel petto, il mio dolore, la mia ansia, il dubbio divorante e soprattutto lo stupore confuso e addolorato che leggevo negli occhi di Bella, confluirono in un unico delirante gesto e lo lanciai lontano da me con tutta la forza che avevo in corpo.

    Mi guardai intorno, spaventato e rabbioso. Lo sconcerto e la paura che lessi nei loro occhi alimentò la mia furia e la mia vergogna, la frustrazione di sentirmi incompreso e l’inutilità di spiegare un gesto così violento e pure tanto naturale ai miei occhi.

    “Lasciatemi solo!”, ringhiai ed entrai in casa sbattendo la porta, il peso del mondo sulle spalle.

    Mi presi la testa tra le mani e la serrai quasi a volerla spremere, a liberarmi di quei pensieri ossessivi che, impietosi, mi torturavano.

    Avevo di nuovo la sensazione che questo mio mondo, che avevo voluto così fortemente, fino a sfidare ogni legge di natura, mi stesse crollando addosso, che continuassi ad essere punito dal destino impietoso per la mia arroganza, per aver preteso una felicità che non mi spettava, per essermi innamorato di un’umana e di averle rubato il destino e per aver concepito una figlia destinata a dilaniarsi fra due mondi così diversi tra loro. E avevo cambiato anche il destino di Jacob…e, per quanto in questo momento fosse l’ultimo dei miei pensieri, ce lo misi dentro a forza, perché il mio tormento fosse completo.

    E adesso non sapevo più neanche come avrebbe reagito Bella…se sarebbe riuscita a leggermi nel cuore , o se, esasperata dai miei silenzi mi avrebbe chiuso il suo…

    Le spalle alla porta, fissavo il camino vuoto senza vederlo, le mani serrate sulla lastra di pietra grezza che lo incorniciava, nelle orecchie quel ronzio fastidioso che neanche combattevo più.

    Temevo e speravo che quella maledetta porta si schiudesse, che Bella entrasse come una furia o come un angelo, che si avventasse contro di me o mi abbracciasse silenziosa…qualsiasi cosa, purché non fosse quella solitudine e quel silenzio insostenibili.

    E poi scivolò silenziosa, tra le pieghe della mia camicia.

    Il suo profumo mi avvolse e mi riempì le narici, mentre le sue braccia sottili si allacciavano alla mia vita e la sua testa si lasciava andare contro la mia schiena.

    “Che devo fare di te?”, mormorò sospirando.

    Espirai profondamente chiudendo gli occhi e le carezzai le braccia fino a posare le mie mani sulle sue, stringendola più forte a me.

    “Non credo che quello che ho in mente, rispecchi i tuoi desideri, in questo momento…”, azzardai, mentre un’insperata sensazione di serenità scioglieva la mia tensione.

    “Purtroppo, temo che dovrai spendere molte più parole che non carezze se vuoi che ti resti accanto…sono furiosa con te, Edward Cullen…”.

    Mi voltai a guardarla negli occhi e seppi di non avere scampo. Inclinai la testa all’indietro ed sospirai, sconfitto.

    “Che cosa vuoi sapere?”, bisbigliai.

    “Tutto…ma prima vai a chiedere scusa a Jake…”

    “Non ci penso per niente!”, sbottai. Per quanto cercassi di relegarlo sempre all’ultimo posto nei miei pensieri, rispuntava ogni volta come un fungo dopo un acquazzone, come una zecca della quale pensavi di esserti finalmente liberato….

    “Edward…”, mi guardò torva, “non sei nella posizione di patteggiare…”

    “Bella…”, sbuffai, “ora starà parlando con Renesmee…c’è tutto il tempo, credimi…”

    “Dovrai parlare anche con lei…”, disse più dolcemente, cogliendo la sofferenza nei miei occhi.

    Non risposi. Presi un profondo respiro e, non staccando mai gli occhi dal quel lago profondo che erano i suoi e in cui amavo perdermi, lasciai che le parole fluissero da sole e quasi mi sorpresi di quanto fosse facile, di quanto mi sentissi in breve più leggero, più sereno e anche più fiducioso.

    Non disse una parola. Mi ascoltava attentamente, non abbandonando mai il mio sguardo e mentre parlavo, mi carezzava il viso, fermando appena la mano quando qualcosa la turbava, ma sfiorandomi di nuovo, protettiva, non appena il mio sguardo s’incupiva al suono delle mie stesse parole.

    “Mi hai detto tutto?”, chiese, lanciandomi appena un’occhiata tra le ciglia scure.

    “Niente più segreti…”

    “Non credere che sia finita qui, Edward…non ho intenzione di passarci sopra, stavolta…ma questo non è il momento…”

    Alzai appena gli occhi al cielo e m’incenerì con lo sguardo.

    “Sono stata cieca…”, disse poi sconcertata, scuotendo la testa, “…ma sono sicura che ci sia una spiegazione, Edward…capisco anche la sua rabbia, e la tua frustrazione…siete così simili…”, mormorò, accennando un sorriso.

    “Dev’esserci per forza un vampiro in giro, non posso credere neppure per un attimo…oh, Edward, come hai potuto pensare a Renesmee?.Hai parlato con Alice?...ha visto niente?...devo andare a parlare con mio padre…devo sapere se hanno scoperto qualcosa…”

    Poi, puntandomi il dito tra le costole, un’espressione che non lasciava adito a dubbi, “E intanto, tu…”, sibilò, “vedi di parlare con tua figlia e di chiedere scusa a Jacob!”

    Afferrò la borsa, le chiavi della macchina e infilò la porta. Poi si fermò, esitante, con la mano sulla maniglia e sembrò incerta, riluttante.

    La guardai con la coda dell’occhio, infastidito già all’idea di trovarmi di fronte la faccia offesa e sdegnata di Jacob, quando la vidi tornare indietro risoluta verso di me.

    “Vieni qui…”, disse, allacciandomi le braccia al collo e attirandomi a sé in un bacio inatteso quanto appassionato. “Sei insopportabile…”, mormorò, “…ma non t’illudere …non cederò così facilmente…”, sentenziò, mimando un’espressione truce.

    “Devo dedurre che mi hai solo usato per soddisfare un urgenza improvvisa…”, dissi, fingendomi offeso, mentre il cuore mi si allargava nuovamente.

    “Esattamente….”, sorrise irresistibilmente e, questa volta, sparì sul serio oltre la porta, lasciandola socchiusa…tanto per ricordarmi cosa dovessi fare….

    Avrei potuto sempre accampare la scusa che Renesmee e Jacob stavano discutendo animatamente e che non avevo voluto intromettermi…ma alla fine decisi che non sarebbe stato saggio eludere i suoi ordini, data la mia situazione pericolante e le minacce poco velate di un’astinenza che, dopo quel bacio, già lanciava segnali inequivocabili.

    Mi preparai psicologicamente e uscii fuori, mettendo in croce un discorsetto stringato, ma efficace, che mi avrebbe consentito di togliermelo di torno velocemente e di affrontare mia figlia senza la sua presenza ingombrante.

    La trovai che raccoglieva distrattamente i resti di quella maledetta sedia, scomoda testimone della mia intemperanza, per lanciarli lontano, oltre lo steccato, nel bosco, come a sfogare una tensione, come a tenere le mani impegnate per non soccombere alle proprie emozioni.

    “Dov’è Jacob?”, chiesi con una smorfia, approfittando del fatto che mi dava le spalle.

    “Mmmm…è andato via…”, rispose, voltandosi verso di me timidamente, guardandomi attraverso un salice di capelli ramati, come a saggiare il mio umore prima di esporsi a viso aperto.

    “Avete discusso?”, chiesi, tanto per prendere tempo. Immaginavo abbastanza chiaramente quanto potesse essere estenuante sostenere un chiarimento con lui…sarebbe andato a scavare, a puntualizzare…avrebbe faticato a capire e avrebbe pesato ogni parola, invece di cogliere il significato nel suo insieme e tener conto dello stato d’animo di Renesmee.

    Non sapevo se e quanto Nessie lo amasse, ma sapevo che, quella parte di lei così simile a me, s’irritava profondamente di certi suoi atteggiamenti ottusi.

    “Gli passerà…”, disse con un’alzata di spalle, “è andato a sbollire un po’ di rabbia…”


    Si avvicinò con un sorriso timoroso, le guance soffuse di rosa e attese.

    “Ci siamo puniti abbastanza, non trovi?”, dissi dolcemente, sollevandole il mento con la punta del dito, “…ciò non toglie che mi devi qualche spiegazione….”

    “Ti fidi di me?”, chiese e nel suo tono supplichevole c’era ancora una punta d’insofferenza e di stizza.

    Mi fece quasi sorridere il pensiero che potesse credere che il suo faccino implorante bastasse a fugare ogni mio dubbio, a cancellare ogni mia ansia.

    “Non basta, tesoro...ho bisogno di qualcosa di più, che solo tu puoi dirmi…”, insistetti, “…non è solo una questione fra me e te. Una persona è scomparsa…e tu sai qualcosa, lo sento…”

    Strinse le labbra in una smorfia di fastidio, sforzandosi di non perdere nuovamente il controllo, ma decisa a non cedere. Lo capivo dalla linea dura delle sue labbra e dalla sua mente che rimaneva ostinatamente chiusa ai miei pensieri, lasciandomi intravedere solo immagini confuse che faticosamente componeva per impedirmi l’accesso.

    “Puoi darmi solo un po’ di tempo?...ti prometto che poi ti dirò ogni cosa…non potrebbe essere altrimenti…ma ho bisogno di…di capire una cosa…e devo farlo da sola e vorrei sapere che posso venire da te in qualsiasi momento…ho bisogno di sapere che ci sarai sempre…per me.”, disse, lo sguardo inchiodato al mio, il corpo che tremava visibilmente.

    “E’ questo che temi?...che possa respingerti? Nessie, non succederà mai, qualsiasi cosa tu faccia o…possa aver fatto!…ma non posso proteggerti, né aiutarti, se non so di cosa si tratta…e temo che tu stia correndo dei rischi di cui neanche ti rendi conto…come posso stare a guardare, senza fare niente?”

    “Ti prego…ti prego…non c’è niente che tu possa fare, ora…e non farò niente che mi metta in pericolo…mi serve solo…un po’ di tempo per capire…”

    Non le avrei tirato fuori altro, per il momento…si era chiusa di nuovo nella sua corazza, ma quell’atteggiamento sprezzante e altero era scomparso dal suo viso e decisi di non tormentarla, anche se questo mi avrebbe costretto ad aggirare l’ostacolo in altro modo….

    “Posso chiederti una cosa?”, disse, cambiando completamente tono, come se stesse riprendendo una conversazione interrotta, come se quello che ci eravamo detti finora, fosse ormai un argomento chiuso. Decisi di assecondarla, anche se una miriade di domande mi bruciavano ancora sulle labbra e nessuna avrebbe avuta una risposta.

    “Tutto quello che vuoi…”, risposi, già sapendo che quello che mi avrebbe chiesto ci avrebbe portati lontano dall’argomento che più mi stava a cuore.

    “Ecco…”, esitò, come cercando le parole appropriate per non turbarmi più del necessario,
    “…cosa sai esattamente sull’imprinting?”

    Tutto mi sarei aspettato, meno una domanda del genere. Spalancai gli occhi per la sorpresa, ma mi ricomposi subito, temendo che si sarebbe nuovamente rinchiusa in se stessa.

    “Cosa vuoi sapere…esattamente?”, chiesi con voce un po’ malferma.

    “Voglio dire…”, continuò, ed ebbi la sensazione che si sforzasse di assumere un tono casuale, “…quanto è …vincolante?”

    “Nessie…”, dissi, improvvisamente serio, guardandola dritto negli occhi, “non è un contratto…è vincolante nella misura in cui ti “senti” vincolato…è un legame profondo di appartenenza, un vincolo spontaneo d’amore…non un obbligo…”

    “Sai…non me l’ero mai chiesto…mi è sembrato sempre così naturale sentirmi legata a Jacob…”, rispose con un filo di voce, quasi parlasse tra sé e sé. Poi si riscosse, come colta in fallo e mi guardò arrossendo leggermente. Ero turbato dalle sue parole, ma cercai di non darlo a vedere.

    “Perché non hai aspettato Jacob, stamattina?”, chiesi, cambiando discorso, “…ci hai fatto preoccupare…Nessie….sei stata via tutta la mattina e...sei uscita all’alba…”

    In quel momento vidi arrivare Bella lungo il sentiero. Il suo viso sembrava quasi trasparente, tanto era vitreo e i suoi occhi vagavano inquieti sul mio viso. La sua andatura, normalmente sciolta, era rigida e i capelli le coprivano parte del viso, senza che si desse pena di scansarli con l’abituale gesto insofferente della mano.

    Sentii una morsa stringermi lo stomaco quando mi si parò davanti, senza neanche guardare Renesmee e le sue labbra esangui articolarono quelle poche parole.

    “C’è stata un’altra vittima, Edward…”.
     
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  11. •°o.O Cy_Pattinson O.o°•
     
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    Oooooooooooh, vedo ke l'imprinting comincia a scemare... e mi sa proprio che la causa è quel vamprirello ke ha incontrato Nessie!!! ^^
    E questa nuova vittima???
    aggiorna presto ke sono curiosa!!!
    Bacione
     
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  12. redmoon
     
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    Capitolo8 - INQUIETUDINE



    Oh, no….Le parole di mia madre mi esplosero in testa e cominciarono a pulsarmi dolorosamente senza riuscire a scacciarle. Sapevo che non sarei stata in grado di affrontare lo sguardo carico di dubbio e d’angoscia di mio padre che avrebbe di nuovo pesato su di me come una condanna.

    Non alzai neanche gli occhi su di lui e fuggii via, prima ancora che riuscisse a mettere a fuoco le parole di mia madre. Correvo veloce, temendo che potesse inseguirmi. Non sapevo neanche dove stessi andando…sapevo soltanto che dovevo allontanarmi il più possibile da lui e cercare di capirci qualcosa, anche se quella fuga mi avrebbe condannato più di qualsiasi dubbio…

    Il primo istinto fu quello di correre da Jacob, di buttarmi tra le sue braccia forti e rassicuranti, sicura che non mi avrebbe giudicato, ma solo amato, ma sarebbe stato soltanto un fuggire da una realtà che non sapevo affrontare e non avrebbe sciolto i dubbi che continuavano a tormentare, prima di tutti, me stessa.

    Dovevo capire, e volevo sapere.

    Scansavo i rami che nella corsa mi colpivano il viso e mi graffiavano le mani e lacrime di frustrazione e rabbia mi annebbiavano la vista, mentre saettavo nel bosco senza meta.

    Mi fermai un istante, ansante, a guardarmi indietro. Nessuno mi aveva inseguito e un silenzio inquietante mi schiacciava, mentre i miei sensi cercavano di cogliere il minimo rumore o segno della presenza di qualcuno. Sembrava quasi che il bosco fosse ammutolito e trattenesse la sua voce, inorridito dalla mia presenza, quasi fossi un estranea, quasi fossi un visitatore sgradito che la sua muta ostilità sarebbe riuscita a mettere al bando.

    Mi lasciai cadere su una roccia e mi presi la testa tra le mani, cercando di frenare la corsa folle dei miei pensieri.

    Un’altra vittima stamattina…e io ero nel bosco, sola, senza nessuno che potessero giurare sulla mia innocenza …qualcuno di attendibile, pensai…. Avrei potuto condannarlo se avesse pensato di nuovo a me come ad un assassina? Ma quale risposte avrei potuto dargli che non lo portassero comunque a conclusioni sbagliate?

    Adesso c’era un corpo, una vittima in carne ed ossa, non si trattava più di supposizioni…l’avevano trovato e sicuramente aveva addosso i segni inequivocabili della sua fine, segni che avrebbero portato inevitabilmente a sospettare di me. Non era valso a niente far sparire l’altro gettandolo dalla scogliera…le correnti lo avevano trascinato chissà dove e non sarebbe mai stato ritrovato….ero stata un’ingenua a sperare di potermela cavare così…

    L’aria afosa m’infastidiva e mi rendeva difficile mettere in ordine le idee e ripresi a camminare all’ombra di quelle chiome fitte e scure che incombevano su di me, proteggendomi dal sole, ma senza darmi alcun conforto.

    Una folata di aria calda e spessa, carica di aromi molli e disfatti dal sole impietoso, mi riempì le narici e, quasi in trance e distrattamente, il mio naso cominciò a catalogarli, ignorandone alcuni e concentrandosi su altri, su delle scie appena percettibili, ma che mi attiravano come una calamita.

    Mi arrampicai leggera su un grosso tronco, raggiungendo i rami più alti e balzando di albero in albero, nascosta tra il fogliame fitto che sembrava scansarsi infastidito al mio passaggio. Le mie sensazioni erano distorte dalla mia agitazione, me ne rendevo conto, ma quell’habitat che mi era così naturale, mi sembrava ostile e straniero, come se volessi impormi a tutti i costi ad esso, ostinata e importuna.

    Poi sentii la gola serrarsi e farsi arida, bruciante come sabbia sotto un sole rovente. La lingua asciutta schioccare come a cercare refrigerio e le labbra arricciarsi appena in un moto istintivo e incontrollabile. Affinai l’udito e la vista, escludendo dai miei sensi tutti i suoni e gli aromi noti e le mani si aggrapparono come artigli sui rami, stordita da quella sensazione temuta e attesa che più o meno inconsapevolmente andavo cercando.

    Dapprima bisbigli, le voci si fecero più chiare e distinte. Distinguevo l’odore dozzinale e carico di stoffa ruvida e da poco prezzo, quello acre e pungente del metallo e della polvere da sparo dei fucili e quello caldo e aromatico di pesanti stivali di cuoio.

    Non so quanti fossero, ma il vociare si avvicinava, concitato e deciso e lo scalpiccio di grossi piedi sulle foglie secche e contorte, scricchiolava nella mia testa, accompagnato ora da un odore più intenso, che mi solleticava la gola e pizzicava le corde di un desiderio che era rimasto acquattato nell’ombra, chissà per quanto tempo…, pronto a scattare.

    Ora erano sotto di me e frugavano con la punta dei fucili sul terreno, scansando le foglie secche e rovistando tra i cespugli. Mi concentrai sul pulsare potente e accelerato di quei cuori che pompavano sangue sotto quelle divise soffocanti e sudate e inspirai profondamente per mettermi alla prova, rimanendo immobile e ben arpionata al grosso ramo, ferito dalle mie unghie che si conficcavano spasmodiche nel legno.

    L’odore mi stordiva e facevo fatica a mantenermi lucida e salda. Ogni nuova ondata odorosa colpiva le mie narici sollevate e s’irradiava in ogni fibra del mio corpo, facendo tendere i miei muscoli come elastici pronti a scattare. Lottai ancora contro quel desiderio che si trasformava in smania bruciante e incontrollabile, la ragione offuscata dall’istinto di quella mia natura divisa a metà, che ora si dibatteva per strapparsi di dosso la sua parte umana e compassionevole.

    Il calore del terreno rovente spingeva verso di me quell’odore inebriante e, nel momento in cui mi contrassi per lanciarmi, un braccio possente mi avvolse da dietro e mi bloccò nella sua stretta, mentre una mano gelida mi chiuse la bocca in una morsa.

    “Shhhh…”, alitò nel mio orecchio, scatenandomi un brivido che saettò nel mio corpo, cancellando la sorpresa e la paura, “Non ora….”, disse, così vicino al mio viso che il suo profumo dolce e intenso sembrò penetrare la mia pelle accaldata e arrivarmi dritto nello stomaco, inesorabile come una sentenza.

    Chiusi gli occhi e rilassai i muscoli, abbandonandomi compiacente e servile ai suoi ordini. Sentivo la sua pelle ghiacciata rinfrescarmi la schiena attraverso la stoffa e mi ritrovai a pensare che la morsa delle sue dita sul mio corpo fosse quanto di più piacevole avessi mai provato.

    Mi tenne così, alleggerendo appena la pressione della mano sulle mie labbra, finché non si furono allontanati, del tutto ignari della nostra presenza.

    Poi mi lasciò andare, voltandomi verso di lui, con un gesto che sembrava quasi un passo di danza, gli occhi che mi fissavano un po’ divertiti e un po’ seri.

    “Mmmm…non sei in grado di cacciare da sola….”, scosse la testa, le labbra che abbozzavano un sorriso, il braccio che cingeva leggero la mia vita sottile, “…troppi testimoni della tua sete…che pensavi di fare? Una strage?”

    Sbattei le palpebre, confusa…in realtà non ci avevo neanche pensato, l’istinto mi aveva travolto fino a farmi perdere ogni raziocinio.

    “Non…non volevo attaccarli…”, balbettai, rendendomi conto di quanto suonassero assurde le mie parole, “io…volevo soltanto mettermi alla prova…”

    “Metterti alla prova….e come credi che sarebbe andata se non fossi intervenuto?”, abbozzò, con una sfumatura di derisione che mi infastidì. Aveva ragione…abbassai gli occhi e mi sentii sconfitta.

    “Tu…tu non sai niente!”, dissi, con voce strozzata, “io non voglio tutto questo e tu…tu mi stai creando un mare di problemi…dovresti andare via, via da qui….”, dissi, esasperata.

    “Mi sono sbagliato un’altra volta, allora….avevo capito che fossi preoccupata per me…”, disse, fingendo un tono amaro e guardandomi un po’ di traverso, studiando la mia reazione, “…e invece …tu desideri che io vada via…solo perché ti creo problemi…”

    “No…”, dissi, mordendomi le labbra, confusa dalle sue parole e dal suo profumo che continuava a stordirmi come fosse una sostanza stupefacente, “…tu sei in pericolo…i lupi ti braccheranno…ti uccideranno…”

    “E cosa inseguiranno? Il profumo di un fiore? …Ho il potere di mimetizzare la mia natura come meglio credo…posso assumere qualsiasi odore, posso alterare le percezioni altrui, seminare qualsiasi traccia sovrapponendone altre o facendola semplicemente svanire…”

    Lo fissai sconcertata, “Ma stai lasciando vittime dietro di te…e incolperanno me…”

    Sembrò soppesare le mie parole, “perché proprio te?”

    “La mia famiglia è vegetariana da tanto tempo…”

    “Sanno che sei l’anello debole?”

    “Io non sono…”, ma il mio grido si spense in un mormorìo indistinto e alzai gli occhi colmi di angoscia su di lui.

    “Shhhh….tranquilla…”, sussurrò, attirandomi contro il suo petto duro e freddo e serrandomi tra le braccia a calmare il mio petto scosso dai singhiozzi. Non erano le braccia calde di Jacob e un brivido mi percorse come una scossa elettrica a quel contato nuovo e straniero, ma faceva così caldo e la mia guancia rovente trovò un tale sollievo in quel contatto, che preferii non farmi troppe domande, ci avrei pensato più tardi….

    Le sue dita correvano leggere tra i miei capelli e mi tenne così, per un tempo che mi sembrò brevissimo, finché il mio respiro non si fece più tranquillo. E potei dirlo solo del mio respiro, perché curiosamente il mio cuore continuò a pulsare inquieto contro il suo petto e mi ritrovai a pensare che non mi dispiaceva affatto che lo sentisse battere.

    La mia mano giocherellò impercettibilmente dietro la sua schiena, colta dalla curiosità improvvisa e irrefrenabile di sfiorare con la punta delle dita quella pelle gelida e liscia e, il viso ancora affondato nel suo petto, sollevai piano il bordo della sua maglietta e strusciai lievemente un dito sulla sua schiena.

    “Renesmee….”, disse, tirandomi leggermente i capelli per farmi sollevare il viso a guardarlo, gli occhi seri fissi nei miei, “forse hai ragione tu…forse è meglio che vada via…non posso che crearti altri problemi…”.

    Ero talmente incantata da quel viso così vicino al mio, che i miei occhi non riuscivano a staccarsi dai suoi lineamenti perfetti, dalla linea delicata del suo naso, dalle curve morbide delle sue labbra piene e dalle sopracciglia che disegnavano una cornice perfetta per quel quadro infernale che erano i suoi occhi purpurei.

    Non avevo sentito una sola parola.

    Il tempo si era fermato e, se non fosse stato per il mio cuore ribelle e per il mio respiro di nuovo affannoso, avrei pensato di essere stranamente morta, perché ogni mia percezione era ovattata e tutto sembrava arrivarmi da molto lontano, con una lentezza esasperante e sottovoce.

    “Mi hai sentito…Renesmee…?”, ripeté paziente e le sue parole mi arrivarono come un’eco…e solo ora riuscivo a comprendere il significato di quelle precedenti, le cui lettere mi erano arrivate alla rinfusa e si erano appena ricomposte in un mosaico che mi gettò nello sconforto.

    “Andare….? Dove…?”, farfugliai, centrando finalmente i suoi occhi e tentando di tenere saldo lo sguardo nel suo, mentre il suo profumo continuava a stordirmi.

    “Andare via…”, disse in un soffio.

    “No…!”, riuscii a dire, mentre un’ondata di panico mi assalì e sentii in bocca il sapore metallico della perdita, “non voglio che te ne vai…”, mormorai confusa.

    “Vieni…”, disse, prendendomi per mano e saltando elegantemente giù dall’albero. Rimasi quasi sorpresa…avevo perso totalmente la percezione del tempo e del luogo…

    “Ascoltami…”, sussurrò, tirando indietro con la mano i capelli che gli erano caduti davanti agli occhi nel salto. Strinsi le labbra a quel gesto così semplice, eppure così sconvolgente ai miei occhi, che ebbi la sensazione di vacillare, il respiro fermo a metà della gola, che non riusciva ad uscire, né a tornare indietro.

    Sbattei le palpebre inquieta…cosa mi stava succedendo? E perché tremavo all’idea di quello che stava per dirmi? E perché i miei occhi continuavano a saziarsi di lui, come se l’idea di non vederlo più fosse assolutamente intollerabile?

    “Devi capire quello che vuoi…”, disse tranquillo

    “Non potresti semplicemente cacciare lontano da qui e poi tornare…?”, chiesi incoerentemente, senza rendermi conto dell’assurdità di quello che stavo dicendo, ma ansiosa di trattenerlo, come se già avesse dichiarato di volersene andare e proponessi un’alternativa.

    Corrugò la fronte, un sorriso enigmatico sul volto, inclinò la testa da un lato e sentii il suo sguardo penetrante indagare oltre il fondo bruno dei miei occhi spauriti, fino dentro l’anima – sempre che ne avessi una…- fino ad arrivare al mio cuore, che pulsava tanto selvaggiamente da farmi male.

    “E’ questo il punto, secondo te…?”, fece una pausa, lasciando il suo sguardo vagare sul mio seno che si alzava e si sollevava ansioso, senza che riuscissi a domarlo in alcun modo, “pensi che questo risolverebbe il tuo problema…?”

    Contrassi i muscoli infastidita. Sapevo cosa voleva sentirmi dire e non mi aiutava affatto, ma sapevo anche che non m’importava un accidente di tutte quelle argomentazioni sagge e responsabili che mi ricordavano tanto mio padre….per un attimo l’immagine di mio padre e di Jacob sfrecciarono nella mia mente, ma la scacciai con una facilità e una determinazione che mi lasciò sorpresa, se solo fossi stata disponibile a perdere tempo a sorprendermi.

    E invece avevo una tale smania in corpo, che il tempo che passava mi bruciava tra le dita e più cercavo di trattenerlo, più mi sfuggiva inesorabile.

    “Beh…”, insistetti, “se tu non lasciassi traccia del tuo passaggio, se ti spostassi altrove per cacciare…ecco, beh…tu non correresti pericoli e io…io non mi metterei nei guai…”, conclusi, torcendomi le mani e sentendomi una perfetta idiota che si arrampica sugli specchi.

    Non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi, perché temevo di vederci riflessa tutta la mia stupidità, tutta la mia ansia e quella smorfia capricciosa sul viso, tipica di chi desidera fortemente una cosa che non è in suo potere avere.

    “Ohhh…capisco”, disse paziente, con una punta poco velata d’ironia, “…ammetto che il tuo desiderio che io rimanga nei paraggi mi lusinga molto…”, sorrise, “ma non credi che le nostre “anime”, se così posso dire, siano poco compatibili? Non puoi negare che, almeno apparentemente, abbiamo, come dire, gusti…diversi?”

    La conversazione stava prendendo una piega che non mi piaceva e quell’atmosfera irreale e rarefatta che mi aveva rapito e fatto provare emozioni sconosciute si stava dissolvendo, facendo apparire le mie argomentazioni ancor più futili e sciocche e prive di alcun fondamento.

    “Fra mio padre e mia madre non è stato un problema!”, esplosi, rendendomi conto troppo tardi del significato delle mie parole. Strinsi le labbra, stizzita per l’ulteriore prova di stupidità, e voltai il viso avvampando per la vergogna.

    Era un perfetto estraneo, un vampiro che cacciava gli umani, uscito fuori dal nulla e che finora mi aveva causato solo problemi….ma sapeva cose di me che nessuno sapeva….e io continuavo a blandirlo, a pregarlo di restare…dovevo essere completamente pazza.

    Ero furiosa con me stessa ed ero…offesa. Si, era stizzita e offesa, perché più mi avvicinavo, più sembrava allontanarsi… più le parole mi sfuggivano imprudenti dalle labbra, più si faceva silenzioso e impenetrabile. E io continuavo ad espormi, in un gioco d’azzardo perverso al quale non riuscivo a sottrarmi, perdendo e rilanciando, perdendo di nuovo e frugando nelle mie tasche per trovare altri spiccioli da giocare.

    Sembrò non aver sentito la mia ultima frase, , forse, fu solo gentile ad ignorarla, vista la mia reazione…

    Gli davo le spalle, ora, e la mia schiena fremeva nell’attesa di sentire le sue mani gelide posarsi su di me . Lo desideravo talmente intensamente che era come le guidassi col pensiero e le vedessi avvicinarsi con gli occhi della mente.

    “Mi dispiace averti turbata…”, disse invece, con voce piatta e neutra e non sentii nessun tocco gelido, né il suo respiro fresco e profumato si avvicinò a sfiorarmi la guancia , che sembrava bruciare ancora più violentemente di prima.

    “Non mi hai turbata affatto!”, dissi precipitosamente, voltandomi di scatto, i pugni serrati lungo i fianchi e i capelli che sembravano aver preso fuoco dal mio viso in fiamme, “…come potresti mai avermi turbato???”, ringhiai.

    Me ne andai senza voltarmi indietro e ad ogni passo aguzzavo le orecchie, nella speranza di sentirlo dietro di me a fermarmi. Mi seguì solo un grande silenzio.

    Sferrai un calcio poderoso a una pietra gigantesca che rotolò pigra verso il fiume, andando a schiantarsi nell’acqua bassa in una nuvola di spruzzi e mi diressi a passo deciso verso la riserva.

    “Ora mi sente, Jacob!”, ruggii.

     
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  13. •°o.O Cy_Pattinson O.o°•
     
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    Non riesco a capire se sto vampiro mi piace o no... O.o
    mi sa che lo deciderò nel corso della ff..
    aggiorna prestoooo
    baci
     
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  14. redmoon
     
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    CITAZIONE (•°o.O Cy_Pattinson O.o°• @ 7/11/2010, 21:50) 
    Non riesco a capire se sto vampiro mi piace o no... O.o
    mi sa che lo deciderò nel corso della ff..
    aggiorna prestoooo
    baci

    ti piacerà, ti piacerà...fidati....a meno che tu non sia team jacob!!!!! :lol: :lol:
     
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  15. ~ * ~ [ BrEaTh Of YoU ] ~ * ~
     
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37 replies since 13/10/2010, 16:09   327 views
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